mercoledì 15 febbraio 2012

TARIFFE AEROPORTI,” Semplifica-Italia”: ONLIT; mano destra non sa cosa fa la mano sinistra.

In arrivo un regalo tariffario per le gestioni monopoliste dei primi tre aeroporti d’Italia: Roma, Milano e Venezia
Con il decreto ”semplifica-Italia” sembra che la mano destra non sappia cosa fa la mano sinistra. In aperto contrasto con il decreto sulle liberalizzazioni e con il tentativo di limitare gli extra-profitti dei monopoli aeroportuali pubblici e privati, viene individuata una corsia preferenziale per attuare gli aumenti tariffari dei tre principali aeroporti italiani di Roma, Milano e Venezia. Il contrario di un meccanismo capace di incentivare maggiore efficienza dei servizi forniti alle compagnie aeree. Per accelerare l’approvazione dell’aumento delle tariffe aeroportuali, l’art. 22 del decreto prevede un iter abbreviato per l’approvazione delle convenzioni dei piani di investimento tra concessionario ed Enac. In sostanza sulla base di piani di investimento dei gestori aeroportuali autoreferenziali, faraonici e futuribili, come ad esempio le nuove piste di Fiumicino e Malpensa,  vengono  autorizzati ulteriori aumenti tariffari. Già le tariffe sono ben al di sopra della qualità dei servizi offerti alle compagnie aeree, con questo nuovo aumento si allargherebbe ulteriormente il gap con gli aeroporti del nord-Europa, facendo perdere, anziché aumentare, la competitività turistica ed economica del nostro Paese. Non solo ma il decreto  discrimina gli altri aeroporti che con tariffe già nettamente più basse devono recuperare le risorse per i propri piani di investimento.
 Dario Balotta   Presidente ONLIT
Milano, 14 FEBBRAIO 2012

sabato 11 febbraio 2012

le grandi aziende di TPL in Italia sono inefficienti, costose e poco produttive

FERPRESS) – Roma, 9 FEB – Dario Balotta, presidente dell’ONLIT (Osservatorio Nazionale delle Liberalizzazioni nelle Infrastrutture e Trasporti), interviene nel nostro dibattito sul trasporto locale e sulle liberalizzazioni. Volentieri pubblichiamo la sua nota sull’argomento.
FONTE : http://www.ferpress.it/?p=44856

Il vivace dibattito aperto da FerPress sulla concorrenza nel trasporto locale offre alcuni spunti per ulteriori approfondimenti. Anche la recente Mobility Conference di Milano è tornata su questo tema. In particolare il Ministro Passera ha ribadito la necessità di indire gare nel TPL. Inoltre ha auspicato la crescita delle aziende italiane per recuperare il gap con le grandi aziende europee, come Keolis, DB, TER, Veolia Transdev e altri.
Il neo ministro dovrebbe sapere che l’auspicata crescita (industriale) delle aziende deve tener conto che la realtà italiana è la seguente: più sono di grandi dimensioni (per addetti e chilometri concessi) più le aziende sono inefficienti e costose. E’ il caso di ATAC, ATM, TRENORD e altre. La pessima regolazione italiana ha consentito che con il crescere delle dimensioni aziendali ( e del mercato su cui operano) crescessero i costi di gestione, evidenziando diseconomie di scala e non economie di scala. A differenza delle tanto vituperate piccole imprese che più son piccole, minori sono i costi e maggiori le prestazioni in termini di chilometri effettuati e dunque offrono maggiore socialità.
Non solo, ma i servizi in subappalto effettuati dalle piccole aziende a costi dimezzati ad integrazione di quelli delle grandi sono spesso indispensabili e consento ottimi margini economici. La grande azienda percepisce un contributo doppio di quello che paga alle piccole ma indispensabili aziende.Tutti guardano alla crescita fisica delle aziende come condizione della loro competitività. Ma così non è. Non è ancora questo il problema.
Basta evidenziare quanto è successo dalla recente fusione di Trenitalia della Lombardia con le Ferrovie Nord Milano. Nel 2001 le due aziende assieme disponevano di 233 milioni/anno di contributi da contratto di servizio per “produrre” 29 milioni di km/treno. Nel 2011 hanno ricevuto come Trenord 376 milioni di euro (+61%) dei contributi, effettuando 38 milioni di km/treno (+30%). La produzione è cresciuta molto meno dell’incremento dei contributi! Ed il contributo a chilometro è passato da 8 euro a 10 euro.
Rispetto alle aziende europee quelle italiane hanno costi più alti, ricavi più bassi, produttività inferiore del 20% e velocità commerciali inferiori sia su strada che su ferro. Questi sono i fondamentali (negativi) delle più grandi aziende italiane rispetto a quelle europee.
Panettoni ieri scriveva: Governo e Banche ci diano più soldi e noi risolveremo il problema. Peccato che negli ultimi decenni di soldi ne sono “volati”letteralmente via una valanga, con i risultati che sono davanti a tutti. In particolare per le municipalizzate le casse venivano rimpinguate per i rinnovi dei contratti integrativi e nuove assunzioni avvenivano puntualmente prima delle elezioni locali, mentre alle ferrovie nuovi servizi universali e nuovi investimenti venivano approvati prima della caduta (quasi annuale) del Governo di turno. Mantenendo questo “vizietto”, solo per ricordarne uno, la serie sarebbe lunga, i campioni nazionali dovrebbero crescere?
Le Regioni sono sempre più protagoniste in negativo della gestione più che della regolazione dei servizi (es.Fer dell’Emilia Romagna o della Lombardia con Trenord), infatti con il decentramento della Bassanini si sono trasferiti pezzi di monopoli di proprietà pubblica dai livelli nazionali a quelli locali. Le Regioni ed i comuni hanno fatto in questi anni poche e brutte gare oppure si sono assegnati i servizi a se stessi cioè alle loro partecipate. Ecco perché diventa decisiva una netta separazione del ruolo di regolatore con quello di gestore dei servizi.
Non solo, sarà decisiva anche la separazione tra Trenitalia e RFI per rendere contendibile il mercato. Moretti dice che bisogna fare con le tracce ferroviarie come per gli slot del trasporto aereo. Peccato che la loro assegnazione negli aeroporti maggiori prevedesse e ancora prevede un ruolo decisivo dei “grand father”(delle vecchie compagnie ex monopoliste) nell’assegnazione degli slot rimasti a disposizione dopo che gli stessi se li sono spartiti tenendosene almeno il 50% nei migliori orari.
Insomma le politiche industriali sono sì centrali ma se c’è un assetto normativo chiaro che riguarda il contesto in cui far gestire il TPL da imprese sempre più efficienti e responsabili. Con un mercato liberalizzato o meno il ruolo del regolatore deve farsi sentire attraverso l’adozione di una efficace cornice normativa dove risorse, responsabilità ed obiettivi sono ben chiari. Per andare avanti senza guardare indietro come vogliono fare manager e politici locali dietro la foglia di fico della dimensione aziendale o meglio clientelare.
Dario Balotta, presidente ONLIT



martedì 24 gennaio 2012

Il sistema viaggia in strada, così bastano due giorni di agitazione e l'Italia va in tilt


(AGENORD) _ Milano, 24 gen _ Il trasporto merci su gomma è il più praticato in Italia. "Negli ultimi 20 anni si è verificato il crollo verticale del trasporto merci su ferrovia". Lo afferma Dario Balotta, presidente Onlit (Osservatorio nazionale delle liberalizzazioni nei trasporti), che prosegue: "Da noi, il
trasporto su rotaia è solo il 7%, contro il 15% della Francia, il 17 della Germania, il 25 della Svizzera e il 45 dell'Austria e là i volumi sono più del doppio. Negli anni hanno chiuso centinaia di scali merci e siamo diventati un Paese monomodale. Il sistema viaggia in strada e autostrada, così bastano due giorni di agitazione e l'Italia va in tilt". Balotta continua affermando che i trasportatori italiani, alla luce di questa situazione, hanno un mercato superiore a quello dei colleghi francesi e tedeschi, quindi "Non dovrebbero lamentarsi". Ma la carenza non è tutta ferroviaria: "Certo che no. C'è un altro grande mercato fornito dal sistema portuale che non funziona. I nostri porti, rispetto a quelli del Nord Europa, lavorano al 20% e loro all'80. Gli autotrasportatori assolvono all'incapacità di gestione delle ferrovie e delle vie del mare". Il presidente Onlit ricorda poi che chi lavora col tir, a fine anno, riceve i rimborsi di autostrada e quote dell'accise. "Spesso e volentieri poi, le norme non sono rispettate soprattutto dai padroncini. Un esempio sono i sovraccarichi, l'alta velocità, il risparmio sulla sicurezza, mentre le ferrovie hanno bisogno di scali, uomini, rete, controlli. E' una situazione da raddrizzare o siamo a rischio Cile". Hanno tutte le colpe?: "No, però se non sono pagati perché il sistema industriale salda dopo 90 giorni e se vanno ai cancelli delle fabbriche e aspettano ore, non è colpa di Monti, ma della logistica, un problema tutto italiano". Cosa fare?: "C'è molto da fare. Manca un'impresa strutturata. Il 50% dei camion, ad esempio, gira vuoto. In Europa la percentuale di chi viaggia scarico è del 5-10%. Il nostro è un sistema fallimentare. I tir che partono carichi da Rotterdam e vanno a Taranto, hanno già un pieno prenotato per il ritorno. Magari vanno a Brindisi, ma caricano. La logistica è migliore. La protesta che hanno messo in piedi i nostri, in un momento come questo, provoca ripercussioni sul sistema. No, non hanno ragione".

LIBERALIZZAZIONI: PARADOSSALE IL RINVIO AUTOSTRADALE E DELLO SCORPORO DI RFI DAL GRUPPO FS

Il Governo Monti è forte con i deboli e debole con i forti. Mentre sulle pensioni  non c’è stato alcun rinvio con le Società Autostrade ed il gruppo FS i rinvii ci sono stati.
Nel capitolo trasporti sarebbe stata opportuna una maggiore incisività per ridurre le rendite di posizione nel settore autostradale da cui derivano extraprofitti enormi alle 23 concessionarie. Nel settore le concessioni sono appena state tutte rinnovate, escluse alcune in scadenza, viene cosi rinviata la riduzione dei pedaggi attraverso l’adozione di un nuovo meccanismo tariffario (price-cap),  l’adeguamento dei ridicoli canoni concessori pagati allo Stato (2% dei ricavi annui) e la possibilità di recuperare
le gravi inefficienze degli standars manutentivi (sicurezza,congestione,servizi e ambiente).
E’  paradossale che non venga richiesta subito una restituzione graduale degli profitti alla comunità in un settore che ha oramai ammortizzato i costi di investimento, ridotto i costi del personale del 10% annuo con l’automatizzazione, incrementato i veicoli trasportati in una rete sempre più congestionata ed aumentato da sempre i pedaggi oltre i tassi d’inflazione godendo di una specie di scala mobile tariffaria cancellata da tempo ai lavoratori dipendenti e ai pensionati.
Il rinvio dello scorporo di RFI dal gruppo FS (che quindi continuerà a gestire reti e treni allo stesso tempo) impedirà una consistente riduzione dei costi che oggi si confondono tra sussidi incrociati e mascherati, assieme alle responsabilità gestionali in un unico inefficiente calderone. Inoltre impedirà a nuovi operatori ferroviari  un completo ingresso sul mercato delle merci (oggi parziale e assoggettato a mille vincoli)  e rinvia totalmente quello del trasporto dei pendolari. Senza questa innovativa riforma ferroviaria i costi pubblici (già fuori controllo), nuove imprese non nasceranno e aumenterà la monomodalità stradale con danni ambientali ancora più evidenti e sempre più tir ed automobili sulle strade.
Dario Balotta
Presidente Onlit 
Milano  23 gennaio 2012

sabato 14 gennaio 2012

Liberalizzazioni: bene Governo su scorporo Rfi

Milano, 13 gen. (Adnkronos) - E' difficile affermare che l'attuale assetto del gruppo Fs "stia portando brillanti risultati. Per questo bene ha fatto il governo Monti ha mettere in agenda lo scorporo di Rfi da Trenitalia". Lo afferma Dario Balotta, Presidente dell'Osservatorio Nazionale delle Liberalizzazioni nelle Infrastrutture e Trasporti (Onlit), in una nota.
Secondo Balotta "la precaria situazione patrimoniale del gruppo Fs non si risana mantenendo nello stesso calderone Rfi, Trenitalia e Fs Logistica. Senza smantellare la holding del gruppo Fs, separando le competenze e i destini di Rfi da quelli di Trenitalia, non si assicurerebbe quella terzieta' del gestore della rete necessaria per evitare barriere all'ingresso alle compagnie ferroviarie che vogliono entrare nel mercato italiano e che lo farebbero senza i lauti sussidi di cui beneficia Trenitalia".
"Per assicurare la crescita delle ferrovie e del comparto dei trasporti - prosegue Balotta - serve una nuova imprenditorialita' e condizioni concorrenziali che attualmente non sono assicurate dai monopoli esistenti".
Secondo Balotta, "i trasferimenti pubblici sono sempre eccessivi ed ammontano a 6 mld anno, non bastano ad assicurare i collegamenti del sud ed i risultati sono sempre piu' deludenti, anche sotto il profilo occupazionale. Il trasporto merci e' da anni in caduta libera (nettamente sotto l media europea) mentre le ferrovie italiane sono le uniche che hanno un saldo negativo nei passeggeri trasportati".
"Infatti negli ultimi 5 anni - continua Balotta - nonostante l'attivazione di mille km di alta velocita' il traffico passeggeri (Tav e tradizionale) e' ancora diminuito del 3%. Al contrario della Francia che nello stesso periodo e' cresciuta del 23%, la Spagna del 14% e la Gran Bretagna, senza neppure un km di Alta Velocita', e' salita del 37%".
Per Balotta "dopo l'abbandono dei treni letto da parte di Trenitalia, un altro gestore della rete, autonomo dal gruppo Fs, si sarebbe preoccupato di proporre l'utilizzo ad altre compagnie ferroviarie delle centinaia di tracce notturne lasciate libere, per non avere una ulteriore sottoutilizzazione della sempre piu' abbandonata rete tradizionale. Mentre invece il contesto monopolista sta permettendo di licenziare gli addetti ai treni letto, che hanno un contratto piu' flessibile e meno costoso di quello dei ferrovieri".


giovedì 29 dicembre 2011

ONLIT: la corsa delle tariffe autostradali deve fermarsi

Anche quest'anno le concessionarie autostradali possono contare sugli aumenti tariffari che vanno dal 3 al 5%, ben oltre l'inflazione quindi.
L'antiquato meccanismo di price-cup in vigore su cui si basa il governo per autorizzare gli aumenti, deve essere rivisto per non consentire incrementi automatici nonostante i minori costi (meno personale), i maggiori ricavi, per effetto del traffico in crescita generalizzato e che i costi di realizzazione della rete autostradale siano già stati in buona parte ammortizzati. Le autostrade sono lontane dall'Europa nonostante i proclami sulle liberalizzazioni del governo Monti e continuano a godere di enormi extraprofitti. Questo provvedimento non riduce le rendite di posizione monopoliste e non favorisce i consumatori e lo sviluppo economico. Devono essere analizzati a fondo i programmi di investimento e le gestioni dei 23 concessionari per evitare che gli introiti tariffari servano, come nel caso della Serravalle, per costruire l'impero autostradale lombardo (Pedemontana, TEM e Brebemi), tanto inutile quanto costoso, visto che la società controllata dalla Provincia di Milano deve ricapitalizzare per 0,5 miliardi di euro e lo vuol fare ai danni degli automobilisti.
 Dario Balotta   presidente ONLIT
Milano 29 dicembre 2011

domenica 18 dicembre 2011

Manovra: concessioni cinquantennali, misura anticoncorrenziale

Liberalizzazioni: smantellare la holding del gruppo FS
L’articolo 42 della manovra, che prevede per le nuove concessioni di importo superiore ad un miliardo di euro la durata delle concessioni fino a cinquanta anni è una misura anticoncorrenziale. Spostare la redditività differita dai tradizionali 20 anni  a 50 anni significa introdurre garanzie e tempi lunghi della mano pubblica sotto celate spoglie. Cosi si rendono ancor più  inefficaci i già obsoleti project financing  italiani togliendo di fatto la componente di rischio ai capitali privati.
Senza smantellare la holding FS, separando le competenze ed i destini di RFI con quelli di Trenitalia, si inficia la credibilità della liberalizzazione contenuta nella manovra Monti. Per garantire la  terzietà del gestore della rete ferroviaria rispetto ai vettori ferroviari che subiscono barriere all’ingresso e discriminazioni serve l’inserimento di questa norma, pena la continua decadenza del comparto ferroviario merci e passeggeri.
Dario Balotta   
 Presidente ONLIT 
 Milano 14 dicembre 2011                                                                            

martedì 15 novembre 2011

Piloti in cassa integrazione da 7.000 euro volavano per altre compagnie del M.O.

La truffa individuata dalla guardia di finanza ai danni dell'INPS da parte di tre piloti in Cassa Integrazione Guadagni che, pur percependo 7mila euro al mese dall'INPS,  volavano per altre compagnie del medioriente assommando cosi altri 9mila euro ripropone con forza il tema della iniquità dei trattamenti fra i lavoratori e gli eccessivi costi pubblici per sostenere questa disparità di trattamenti. Il richiamo all'equità del presidente del consiglio incaricato Mario Monti dovrebbe partire dalla abolizione di casi insostenibili come questi.
C'è da sottolineare il fatto che la CIG, per Alitalia e settore aereo, ha una particolarità viene garantito l'80% del salario effettivamente percepito mentre per i lavoratori"comuni" la CIG ha un tetto fissato per il 2011 in 853,84 euro per retribuzioni fino 1.961.80 euro e di 1.026,24 euro per quelle superiori. In altre a paroleun trattamento medio CIG Alitalia corrisponde a 7/8 volte quello massimo di un trattamento CIG ordinario.
Può un Paese in estrema difficoltà come il nostro sperperare le risorse e consentire una durata della CIG di tre anni per il settore aeronautico (sovvenzione di cui hanno prima beneficiato Alitalia, Volare e Airone, ed ora estesa anche a Meridiana e Livingstone)? Non si rischia di introdurre un elemento distorsivo della concorrenza nel settore vista l'eccessiva durata di questo ammortizzato e sociale?
E' iniquo che si parli di aumentare l'età pensionabile per poi scoprire che l'Inps interviene con consistenti risorse nel fondo volo dei piloti. Come è anche ingiusto che i passeggeri paghino un sovrapprezzo sul tiket aereo per contribuire a questo fondo.
E' necessario ora che vengano senza indugio fatti seri accertamenti da parte degli Ispettori dell'INPS.
Si potrebbe anche pensare , da subito, alla sospensione della licenza di volo ai piloti in cassa integrazione per tutto il periodo della durata del beneficio per evitare che le agenzie di collocamento offshore (irlandesi) peschino a mani basse nei 635 piloti in cig italiani.

giovedì 10 novembre 2011

MOBILITAZIONE CONTRO LIBERALIZZAZIONI EUROPEE: ONLIT: SINDACATI GUARDANO INDIETRO

La mobilitazione odierna dei ferrovieri che si è tenuta in alcune città italiane contro la separazione tra il gestore della rete e le  imprese ferroviarie che effettuano servizi passeggeri e merci dimostra  che i sindacati guardano con nostalgia indietro anziché affrontare le sfide del futuro. Si pensa più ai diritti acquisiti degli iscritti che alle prospettive di crescita delle ferrovie, in declino in tutta Europa basti pensare che nel 2009 i 27 paesi dell’eurozona hanno registrato un crollo del trasporto merci del 17 % (25% in Italia). Ridare competitività al settore significa anche proteggerne i lavoratori, che l’attuale assetto monopolista ha già contribuito a far diminuire dai 220.000 di trent’anni fa agli attuali 75.000.


Per una migliore utilizzazione della rete e dei punti di rete (scali merci e stazioni ferroviarie) serve il superamento degli attuali assetti monopolistici. La stessa UE prevede che la rete resti saldamente in mano pubblica. Attualmente un grande potenziale infrastrutturale è sottoutilizzato, in particolare oltre mille km di rete parallela all’Alta Velocità, ed il suo accesso è reso molto difficoltoso  ai nuovi vettori ferroviari (es. Arenaways).


Per lo sviluppo e l’efficienza delle ferrovie anche in chiave di riequilibrio ambientale va superato l’assetto monopolista della rete ed il conflitto di interesse tra  RFI e Trenitalia visto che sono nello stesso gruppo FS. Il sindacato essendo parte in causa decisiva per le riorganizzazioni aziendali con maggiore coraggio vista la sua propensione confederale, non solo può, ma deve svolgere un ruolo propositivo nel solco delle liberalizzazioni del vecchio continente e per lo sviluppo del settore se non vuole solo esser il gestore del suo inesorabile declino.

lunedì 24 ottobre 2011

TAV VAL SUSA: CARGO MERCI AL COLLASSO INUTILE IL TUNNEL. SERVE CRESCITA SENZA DEBITO

Le ragioni dI protesta degli abitanti della val Susa non sono da confondere con le provocazioni e le violenze dei “black block”.Al di là di ogni valutazione ambientale il tunnel del Frejus è sempre più inutile se non si arresta il crollo del trasporto merci su ferro (la  parte dominante della domanda prevista). Dannoso, visto che l’Europa cerca strade per una “crescita senza debito” e quest’opera,  che costa 23 mld (se completamente realizzata) ne genererebbe un altro per le future generazioni che si dice di voler preservare dal debito. Nella relazione Italia-Francia, si è passati da 8.6 milioni di tonnellate trasportate nel 2.000 a 2,4 milioni di tonnellate nel 2009 (-72%). Negli ultimi 6 mesi (dati Confetra) il traffico merci su ferro interno è crollato ancora del 21%. Mentre nello stesso periodo quello su camion è cresciuto del 3%. Da quando la rete italiana dispone di mille km di A.V., il trasporto delle merci ha continuato la sua debacle. Nessun treno merci ha ancora messo piede su questa rete (al momento è anche impossibile tecnicamente) e non c’è stato alcun beneficio per le merci, anche se si sono svuotate le linee parallele all’AV. Prima di nuovi tunnel va risanato il trasporto merci aprendo a nuovi operatori, reti e scali merci, riducendo gli alti costi gestionali e superando le inefficienze organizzative che rendono il servizio obsoleto, fatto che favorisce l’uso dei Tir. Per esempio, basti pensare che nel 2008 (ultimo dato disponibile), 4  treni  merci su 5 hanno viaggiato con oltre 60 minuti di ritardo.
Torino 23-10-2011


Dario Balotta Presidente ONLIT
Marco Ponti docente di economia Politecnico di Milano           

sabato 22 ottobre 2011

Roma 19 ottobre 2011
A margine della tavola rotonda sulla manovra finanziaria del trasporto locale, svoltasi stamane a Roma in Via Cavour ed organizzata da Federmobilità, il presidente dell’Onlit ha detto: è stato invocato, come da imitare, il pessimo esempio dei blocchi selvaggi dei camionisti per premere sul Governo per la riduzione dei tagli al tpl.. Questo è un sintomo della debolezza di regioni e comuni che non possono imitare le peggiori pratiche corporativistiche per il ruolo istituzionale che rivestono. Se non si ritengono all’altezza dei loro compiti, rassegnino le dimissioni con fatti più che con parole. In un contesto di risorse incerte e di grave esposizione finanziaria, come quella attuale, è stato richiesto di  tornare ad un passato di garanzie monopoliste e rimborsi a piè di lista. È impensabile  che tutti si debbano mettere in gioco ad eccezione dei sindaci e presidenti di regione che assicurano peraltro una scarsa quota di mobilità pubblica. La medicina proposta di una nuova accisa su tutte le benzine del 4-5% avrebbe un effetto peggiore del male che si vuole curare. La componente fiscale pesa già il 49% sul prezzo finale, farebbe infiammare l’inflazione e indicherebbe a tutti gli altri settori della spesa pubblica la via impraticabile ed avventurista per recuperare risorse.
  Dario Balotta 
Presidente Onlit

mercoledì 12 ottobre 2011

LIBERALIZZAZIONI EUROPEE: FILT PROGRESSISTA ABBIA PIU’ CORAGGIO

Sorprende che una grande organizzazione progressista come la FILT CGIL si pronunci contro il nuovo pacchetto di liberalizzazioni europee, che prevede la netta separazione tra gestore della rete ed imprese ferroviarie, che producono servizi , merci o passeggeri.
La Filt sembra non rammentare che il comparto dei trasporti presenta una vasta gamma di problematiche regolatorie, data la presenza di monopoli naturali, l’abuso di posizioni dominanti e le barriere all’ingresso che impediscono un uso aperto e corretto di reti (ferroviarie ed autostradali) e di scali (aeroportuali, intermodali, marittimi e ferroviari) ed un rapporto trasparente tra istituzioni e imprese. Insomma un grande potenziale infrastrutturale è sotto utilizzato, non solo per le evidenti carenze tecnologiche e gestionali, ma soprattutto per la carenza di qualità delle imprese, che non hanno un terreno di confronto uguale per tutte, fatto di regole e di sussidi trasparenti. Imprese spesso pubbliche e garantite da rendite di posizione o da contributi pubblici, qualche volta incrociati, sono la causa delle inefficienze del sistema- trasporto italiano. Non sfugge a questa logica il gruppo FS.
C’è una forte domanda da parte delle imprese, dei consumatori per l’apertura al mercato delle gestioni dei servizi di trasporti e per le liberalizzazioni delle reti e delle infrastrutture di trasporto.
La nuova politica, l’economia e i pendolari sollecitano più efficienza nel comparto ed un uso più consapevole, trasparente e razionale delle risorse pubbliche per gli investimenti e per la spesa corrente.
Si tratta di superare un contesto distorsivo e spesso discriminatorio del mercato dei trasporti e delle infrastrutture, derivante da una società bloccata da corporativismi. Certo ci sono rischi per gli assett che potranno essere privatizzati, come gli aspetti della sicurezza ma vi potranno essere grandi vantaggi. I problemi relativi al lavoro andranno tenuti in debito conto. Ma il comparto ferroviario per crescere e svilupparsi ha bisogno di una sana competizione tra aziende, “regolata” dagli organi pubblici. E’ finito il tempo dei grandi vettori Alitalia,Gruppo FS, Autostrade, Tirrenia, che dettavano regole ed indirizzi politici ai Ministri competenti. Per lo sviluppo e l’efficienza vanno superati i monopoli e i conflitti di interesse tra controllore e controllato (es. RFI e Trenitalia). Il sindacato, essendo parte in causa decisiva per le riorganizzazioni aziendali, con un pò di coraggio in più, non solo può, ma deve svolgere un ruolo propositivo nel solco delle liberalizzazioni del vecchio continente.
Dario Balotta

martedì 11 ottobre 2011

Milano, 10 ottobre 2011


Finiti i giorni più difficili che hanno fatto riaffiorare alla memoria, dopo 10 anni, il grave lutto della strage di Linate, dove 118 persone persero la vita, è possibile fare un bilancio di come è cambiata la sicurezza nell’aeroporto di Linate.


In molti hanno affermato che la sicurezza del Forlanini oggi è all’apice dei livelli europei. “Milano capitale della sicurezza aerea si candida a diventare un modello europeo in questo settore”. Molte cose sia sotto il profilo infrastrutturale che tecnologico ed organizzativo sono state fatte.


In particolare è stato chiuso il raccordo Romeo 5, quello da cui passò, per entrare sulla pista, il Cessna, poi investito dell’aereo della Sas in decollo per Oslo. Il radar di terra è stato attivato ed altro ancora.


C’è un punto che ci differenzia da altri importanti scali europei e che non va sottaciuto. Lo chiedevamo 10 anni fa o lo chiediamo ancora oggi con forza.


Non è ancora stata creata un’Autority aeroportuale.


Il coordinamento decisionale delle azioni da intraprendere per migliorare la  sicurezza aeroportuale  non è ancora affidato ad un unico responsabile.  Il gestore aeroportuale (la Sea), il controllo del traffico aereo (l’Enav) e l’agenzia ministeriale (l’Enac) sono ancora oggi dei separati in casa. Serve, oggi come ieri l’accentramento in una unica mano delle competenze sulla sicurezza. E controproducente andare avanti in ordine sparso, dove il concessionario Sea si è assunto  compiti  al di fuori di ogni organico disegno organizzativo e istituzionale che renderebbe davvero gli aeroporti di Milano modello per la  sicurezza europea del volo.

Dario Balotta
Presidente Onlit

sabato 8 ottobre 2011

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TERZO VALICO: ONLIT, DOPO TAGLIO S&P E MOODY’S ANCORA PIU’ COSTOSO

Milano, 7/10/2011





(ANSA) - Milano,7/10/11-"Dopo il declassamento degli istituti di credito italiani da parte di S&P e i dubbi di Moody’s sul risanamento dei conti italiani, il denaro costerà di più per il Tesoro e per la Cassa depositi Prestiti facendo schizzare all’insù il già strabiliante costo di 6,2 mld del terzo valico ferroviario Milano-Genova. Ciò renderà impossibile finanziare questa grande opera  che tra l’altro è in contrasto con gli obiettivi europei che spingono per una “crescita senza debito” e per la definizione di priorità  infrastrutturali che il “terzo valico” non detiene. Anzi questo progetto irreale si sostiene da previsioni della domanda gonfiate all’inverosimile, 5 milioni di container l’anno, mentre il porto di Genova ne movimenta 1,7 milioni dei quali solo la minima parte, quasi 50mila (il 2,9%), viene trasportata in treno.”


E' l'allarme lanciato da Dario Balotta, presidente dell’ONLIT che invita il Governo a "riverificare la congruità del progetto, in particolare  alla luce del nuovo calo del traffico di container denunciato dalla Confitarma nella sua recente assemblea annuale. L'ex sindacalista della Fit Cisl lombarda poi va oltre affermando “ prima di nuove opere va fermato il crollo del trasporto merci sulla rete nazionale causato da tempi di resa non competitivi e da elevati costi di gestione abbattendo le barriere all’ingresso poste dal monopolista FS alle compagnie di trasporto merci per l’accesso alla rete ferroviaria. Nel 2008 ben l’82% dei treni merci ha viaggiato con oltre 60 minuti di ritardo ecco perché la nostra quota di traffico con il 6% è il fanalino di coda contro il 12% della media europea.”  


  Dario Balotta
Presidente Onlit

venerdì 16 settembre 2011

Onlit: «No al Ponte sullo Stretto e alla Tav»

Fonte :http://www.lettera43.it/attualita/23438/onlit-non-al-ponte-sullo-stretto-e-alla-tav.htm
Osservatorio infrastrutture: «Costi troppo alti per pochi benefici».
Il ponte sullo Stretto, il traforo in Val di Susa e il terzo valico Milano-Genova, non 's'ha da fare'. Parola dell'Ossevatorio nazionale sulle liberalizzazioni nelle infrastrutture e nei trasporti (Onlit). «Il ponte sullo Stretto, il traforo della Val Susa e il terzo valico Milano-Genova vanno cancellati in quanto non in grado di reggere a una seria analisi della domanda e di comparazione tra costi e benefici, mentre la realizzazione del nuovo traforo del Brennero trova la sua ragione nel sostenuto traffico di merci in treno attuale e futuro».
«DA RIVEDERE IL PROGRAMMA DELLE GRANDI OPERE». In una nota a commento della manovra correttiva del governo secondo Dario Balotta, presidente dell'Osservatorio, «la manovra del Governo, per convincere i mercati e la Bce, non può far perno solo sulla spesa corrente, ma deve segnare una svolta nelle inefficienti politiche di investimento. I soldi pubblici devono essere investiti dove c'è un ritorno in termini di rendimento economico e sociale e in primo luogo va rivisto il programma delle grandi opere».
UN PRESTISTO DA 750 MILIONI PER LA BREBEMI. «Va anche ripensato il modello nostrano di project financing» ha aggiunto il presidente Onlit «sotto la cui etichetta si mascherano nuovi interventi pubblici con finalità assistenziali, che portano fuori controllo anche la spesa in conto capitale attraverso il Cipe e la Cassa depositi Prestiti». A titolo di esempio Balotta ha citato «i lavori della privatissima BreBeMi (l'autostrada Brescia, Bergamo, Milano, ndr), i quali sono partiti grazie ad un prestito fuori mercato di 750 milioni della Cdp, agli anticipi di 175 milioni delle Fs e con un capitale di rischio irrisorio del 20%».
Infine il presidente dell'Osservatorio ha chiesto che «si faccia una seria authority dei trasporti in grado di regolare i monopoli pubblici e privati, che hanno enormi profitti ma canoni concessori pagati allo Stato irrisori. Le garanzie finanziarie pubbliche portano a costi di costruzione di ferrovie e autostrade tripli ed a tempi di realizzazione quadrupli rispetto a quelli europei. È bene che il governo e il Parlamento si sveglino, prima che lo chieda l'Unione Europea».
Martedì, 16 Agosto 2011

venerdì 9 settembre 2011

MANOVRA ECONOMICA (art.8) Contratto unico ferrovie, Onlit: norma ammazzaconcorrenza

MANOVRA ECONOMICA (art.8) Contratto unico ferrovie
Onlit norma ammazzaconcorrenza
Mentre il Presidente Giorgio Napolitano esorta ad adottare regole europee tese alla crescita economica del Paese, qualche anonima manina ha inserito nella manovra del governo (art. 8 dl 138 comma 3 bis) una norma statalista ed autarchica. Cosi tutte le imprese ferroviarie dovranno adottare obbligatoriamente il contratto di lavoro delle attività ferroviarie, vale a dire quello di Trenitalia. E’ così impedita ogni innovazione normativa e salariale in grado di rilanciare il trasporto ferroviario nazionale. Né è pensabile che tutti si dovranno adeguare ad una gestione che in 150 anni di storia non ha mai brillato per efficienza e che gode di enormi sussidi pubblici anche mascherati in mille rivoli. Con questa norma da Unione Sovietica, tesa ad ammazzare ogni forma di concorrenza, si impedisce il decentramento contrattuale e una delle tanto invocate liberalizzazioni.
Dario Balotta presidente ONLIT Milano 9 settembre 2011

martedì 30 agosto 2011

NO TAV: “FUORI DAL TUNNEL DELL’ETERNA URGENZA E DALLE OPERE INUTILI E DANNOSE


“Fuori dal tunnel dell’eterna urgenza”: si è chiusa con questa riflessione la tre giorni di incontri e dibattiti sul tema grandi opere in Val di Susa.
Ai dibattiti ha preso parte anche il bresciano Dario Balotta, che fra le altre cose è presidente dell’Onlit (Osservatorio liberalizzazioni infrastrutture e trasporti) . I dati di Cargo Fs dimostrano – si legge sul sito notav.info, che cita lo stesso Balotta – il “crollo del trasporto merci ferroviario” in Italia: 8 mila carri merci e 256 locomotive in meno dal 2008 al 2009. “Pessime performance gestionali”: 7% la quota di trasporto su ferro in Italia rispetto al 12% europeo (Francia al 14 e Svizzera al 64). “Prima di ponti e trafori avremmo bisogno di arrivare agli standard europei”. È calato del 72% (dal 2000 al 2009) il traffico merci verso la Francia, -42% quello passeggeri (+16% verso la Svizzera). «”i tratta, quindi, di una direttrice non strategica come vogliono far credere i promotori della Torino-Lione. La vera urgenza – ha sottolineato Balotta – non è raddoppiare il tunnel del Frejus, ma adeguare e rilanciare la rete esistente per accogliere le migliaia di tir che arriveranno in treno dal Nord Europa nel 2016 con l’apertura del nuovo tunnel del Gottardo e far proseguire ai container il viaggio su ferrovia anziché su strada come avviene oggi”.
Noi abbiamo raggiunto telefonicamente Dario Balotta per riflettere su questi dati.

Grandi opere inutili: Tav, gli estremisti della maxi-truffa


«Se crolla il tetto del tuo garage, non ti compri una Ferrari: ti sistemi il tetto e ti tieni la Punto». Domenico Finiguerra, sindaco “virtuoso” di Cassinetta di Lugagnano (Milano) e fondatore del movimento “Stop al consumo del territorio”, sintetizza così il suo pensiero al forum “Grandi Opere Inutili” allestito tra Bussoleno e Venaus, ennesima sfida culturale della valle di Susa – contrastare la Torino-Lione con cifre e analisi – a cui la politica nazionale e piemontese è solita rispondere con slogan ideologici del secolo scorso, conditi con disinformazione e lacrimogeni. I dati? Parlano da soli: il traffico Italia-Francia è crollato di oltre il 70% e l’emergenza è a nord, non a ovest: senza una rete ferroviaria adeguata, i Tir in arrivo dal Gottardo continueranno a lasciare i treni intasando le autostrade.
La Torino-Lione? Assolutamente «inutile» nonché «dannosa», perché è indifferente al contesto, spreca il denaro pubblico, non esprime le necessità di una comunità ma solo le esigenze di una lobby economica. Lo sostiene il meteorologo Luca Mercalli, volto televisivo e No-Tav della prima ora: «Opere come la Torino-Lione dovrebbero essere sottoposte, prima di ogni decisione, a critiche rigorose. Invece si dice, manu militari, che bisogna dare la parola alle ruspe perché è necessaria. Se è necessaria, dimostratelo con le cifre». Se Mercalli è in trincea fin dall’inizio anche come abitante della valle di Susa, il forum 2011 ha richiamato a Bussoleno esperti da tutta Italia, pronti a fornire le prove di quanto i No-Tav vanno affermando da anni: prima ancora che costosissima e devastante per il territorio, la Torino-Lione è clamorosamente inutile.
Lo dimostra il crollo del trasporto ferroviario delle merci in Italia, in particolare quello verso la Francia. Numeri significativi, snocciolati da Dario Balotta, presidente dell’Onlit (Osservatorio liberalizzazioni infrastrutture e trasporti) presentando i dati di “Cargo Fs”: in Italia, 8.000 carri merci e 256 locomotive in meno dal 2008 al 2009. «Pessime performance gestionali», accusa Balotta, come riferisce Mauro Ravarino sul “Manifesto” in un servizio ripreso dal sito “NoTav.info”: 7% la quota di trasporto su ferro in Italia rispetto al 12% europeo (Francia al 14 e Svizzera al 64). «Prima di ponti e trafori avremmo bisogno di arrivare agli standard europei», da cui l’Italia resta lontanissima.
Addirittura impressionante il crollo del trasporto merci fra Italia e Francia: un calo del 72% negli ultimi anni, dal 2000 al 2009, come sostengono i No-Tav che denunciano che l’attuale linea ferroviaria Torino-Modane che attraversa la valle di Susa è praticamente deserta: che senso ha, allora, insistere nel voler costruire una nuova linea verso la Francia? «Non si tratta quindi di una direttrice strategica, come vogliono far credere i promotori della Torino-Lione», dice Balotta. «La vera urgenza non è raddoppiare il tunnel del Frejus, ma adeguare e rilanciare la rete esistente per accogliere le migliaia di tir che arriveranno in treno dal Nord Europa nel 2016 con l’apertura del nuovo tunnel del Gottardo e far proseguire ai conteiner il viaggio su ferrovia anziché su strada come avviene oggi».
Ancora una volta in valle di Susa si sono alternati «comitati italiani ed europei che lottano contro grandi opere ritenute inutili, dalla Germania alla Francia, dalla Spagna all’Abruzzo e alle Marche», scrive il “Manifesto”. Mega-gasdotti, stazioni interrate, aeroporti faraonici, linee ad alta velocità. «Non un’opposizione tout-court, ma motivata da analisi e studi». Per Domenico Finiguerra, bisognerebbe contrapporre «a poche grandi e dannose opere una miriade di piccole opere utili per risanare il dissesto idrogeologico», ancor di più in questa fase di crisi economica. Chi propone opere come il Tav si autoproclama moderato e ci taccia come sovversivi. Estremisti sono, invece, loro che non hanno coraggio di mettere in discussione un modello di sviluppo non più sostenibile».
Ivan Cicconi, direttore di Itaca (Istituto per la Trasparenza degli Appalti e la Compatibilità Ambientale) spiega che ad essere “malato” è il sistema post-fordista che ora, per disperazione, punta tutto nella realizzazione delle grandi opere, non importa se utili o meno: è «come un’enorme ragnatela, orientata solo al mercato e ormai priva di innovazione tecnologica». Una aggregazione imprenditoriale fallimentare, che «scarica la competizione verso il basso alimentando il lavoro nero». Per Cicconi, «l’unico prodotto che può consentire a questo modello di impresa virtuale di massimizzare i profitti è la grande opera, che ha un valore solo per il presente e prescinde dal passato e dal futuro».
l mito della crescita infinita ha fallito: «Ogni anno, in Italia, vengono coperti dalla ‘crosta repellente di cemento e asfalto’, come la definiva Antonio Cederna, 500 chilometri quadrati di suolo, 62,5 metri quadrati al minuto», dice ancora Finiguerra. E per Sergio Ulgiati, docente di Scienze ambientali a Napoli, «è fondamentale capire se l’impatto ambientale e i costi energetici e sociali sono accettabili se paragonati ai benefici e, pure, chi paga i costi (anche quelli occulti) e chi gode dei benefici». Un aspetto cruciale, perché «le comunità che vogliono ‘controllare il conto’ non stanno difendendo il loro giardino ma i diritti e lo stile di vita di popolazioni lontane colpite da uno sviluppo di cui non godranno mai i benefici».








domenica 28 agosto 2011

Fuori dal tunnel dell'eterna emergenza


di Mauro Ravarino
È indifferente al contesto, spreca il denaro pubblico, non esprime le necessità di una comunità ma solo le esigenze del potere economico. Indovinare di cosa si tratta è più semplice di quanto si pensi. La risposta è: grande opera «inutile e dannosa». A chiarire il concetto ci ha pensato il meteorologo Luca Mercalli, al primo giorno, venerdì, del Forum interamente dedicato al tema, che si sta svolgendo in Val di Susa. «Opere come il Tav - ha spiegato - dovrebbero essere sottoposte, prima di ogni decisione, a critiche rigorose. Invece si dice, manu militari, che bisogna dare la parola alle ruspe perché è necessaria. Se è necessaria, dimostratelo con le cifre».
E numeri significativi li ha snocciolati ieri, nella seconda giornata, Dario Balotta, presidente dell'Onlit (Osservatorio liberalizzazioni infrastrutture e trasporti) presentando i dati di Cargo Fs, che dimostrano il «crollo del trasporto merci ferroviario» in Italia: 8 mila carri merci e 256 locomotive in meno dal 2008 al 2009. «Pessime performance gestionali»: 7% la quota di trasporto su ferro in Italia rispetto al 12% europeo (Francia al 14 e Svizzera al 64). «Prima di ponti e trafori avremmo bisogno di arrivare agli standard europei». È calato del 72% (dal 2000 al 2009) il traffico merci verso la Francia, -42% quello passeggeri (+16% verso la Svizzera). «Si tratta, quindi, di una direttrice non strategica come vogliono far credere i promotori della Torino-Lione. La vera urgenza - ha sottolineato - non è raddoppiare il tunnel del Frejus, ma adeguare e rilanciare la rete esistente per accogliere le migliaia di tir che arriveranno in treno dal Nord Europa nel 2016 con l'apertura del nuovo tunnel del Gottardo e far proseguire ai container il viaggio su ferrovia anziché su strada come avviene oggi».
Nella mattinata, a Liceo di Bussoleno, si sono alternati comitati italiani ed europei che lottano contro grandi opere ritenute inutili, dalla Germania alla Francia, dalla Spagna all'Abruzzo e alle Marche. Mega-gasdotti, stazioni interrate, aeroporti faraonici, linee d'alta velocità. Non un'opposizione tout-court, ma motivata da analisi e studi. Nel pomeriggio si è svolta una lunga tavola rotonda. Per Domenico Finiguerra, sindaco Cassinetta di Lugagnano fondatore del movimento stop al consumo di territorio, bisognerebbe contrapporre «a poche grandi e dannose opere una miriade di piccole opere utili per risanare il dissesto idrogeologico», ancor di più in questa fase di crisi economica: «Se crolla il tetto del tuo garage, non ti compri una Ferrari, ti sistemi il tetto e ti tieni la Punto. Chi propone opere come il Tav si autoproclama moderato e ci taccia come sovversivi. Estremisti sono, invece, loro che non hanno coraggio di mettere in discussione un modello di sviluppo non più sostenibile». Il mito della crescita infinita ha fallito: «Ogni anno, in Italia, vengono coperti dalla 'crosta repellente di cemento e asfalto', come la definiva Antonio Cederna, 500 chilometri quadrati di suolo, 62,5 metri quadrati al minuto».
È, poi, intervenuto Sergio Ulgiati, docente di Scienze ambientali a Napoli: «È fondamentale capire se l'impatto ambientale e i costi energetici e sociali sono accettabili se paragonati ai benefici e, pure, chi paga i costi (anche quelli occulti) e chi gode dei benefici. Le comunità che vogliono 'controllare il conto' non stanno difendendo il loro giardino ma i diritti e lo stile di vita di popolazioni lontane colpite da uno sviluppo di cui non godranno mai i benefici». Ivan Cicconi, direttore di Itaca (Istituto per la Trasparenza degli Appalti e la Compatibilità Ambientale) ha, invece, inquadrato le caratteristiche della grande impresa post-fordista impegnata a realizzare grandi opere: «Strutturata come un'enorme ragnatela, è orientata solo al mercato e ormai priva di innovazione tecnologica. Scarica la competizione verso il basso alimentando il lavoro nero. L'unico prodotto che può consentire a questo modello di impresa virtuale di massimizzare i profitti è la grande opera che ha un valore solo per il presente, prescinde dal passato e dal futuro». Oggi, a Bussoleno, ancora dibattito (con Gianni Vattimo, Alessandra Algostino ed Elena Camino) e l'assemblea finale