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domenica 28 febbraio 2021

MILANO, LUCI (POCHE) E OMBRE (MOLTE) DELLE SOCIETÀ PARTECIPATE

 La qualità della vita nelle nostre città, soprattutto nelle aree metropolitane, dipende prevalentemente dal funzionamento delle aziende che svolgono servizi di pubblica utilità: la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, la pulizia e la sanificazione delle strade, la qualità della gestione delle reti di luce gas e acqua, i servizi di trasporto pubblico urbani e metropolitani, l’efficienza del sistema aeroportuale e della rete ferroviaria. 

 

Servizi sanitari, centri sportivi, asili, scuole, università  verde, parchi, rete internet e assistenza sociale compongono un mosaico anch’esso decisivo per la vita di una città. Edilizia popolare e residenziale, grande distribuzione, mercati pubblici e vendita al dettaglio costituiscono un altro asse portante. Cultura e spettacolo completano il complesso contesto di una grande città, nel quale si deve gestire anche la vita lavorativa di centinaia di migliaia di pendolari che entrano ed escono ogni giorno. 

 

Nel caso di Milano, alcuni di questi servizi vengono svolti direttamente dal Comune. Altri sono invece gestiti da aziende controllate dal Comune stesso. È il caso di A2A, ATM, MM ingegneria, Sea. Si tratta di aziende con migliaia di addetti e con un fatturato consistente, che hanno uno stretto rapporto con il consumatore/cittadino, che nel caso dei milanesi è anche (alla larga) proprietario di queste aziende. Sono società con ruoli diversi, ma che impattano - oltre che sulla organizzazione cittadina - sulla qualità dell’ambiente, sulla mobilità, sugli investimenti pubblici in nuove tecnologie e quindi sullo sviluppo socio-economico della città. Valutare la qualità dei servizi offerti e i loro costi di gestione non è semplice. Resta il fatto che si tratta di monopoli naturali regolati da norme nazionali o locali/regionali, e che anche le tariffe sono amministrate. 

 

Se A2A e Sea sono galline dalle uova d’oro per le casse comunali, ciò non è altrettanto vero per ATM. Lo scorso anno il Comune ha ricevuto dividendi di 65 milioni di euro da A2A e 124 milioni da Sea. Per ATM i costi sono sostenuti dallo Stato con  la quota del Fondo Nazionale dei Trasporti girata a Regione Lombardia e da essa al Comune di Milano, che spesso integra i costi d’esercizio con risorse proprie. ATM negli ultimi anni si è rinchiusa nel perimetro cittadino (con il beneplacito del Comune metropolitano) lasciando l’area metropolitana quasi priva di servizi, e la recente vicenda delle gare manipolate ha messo in evidenza un consolidato sistema  di malaffare che alzava a dismisura i costi degli acquisti degli impianti  tecnologici. I risultati di ATM spiccano solo grazie al fatto che nel resto d’Italia le aziende pubbliche di trasporto sono disastrate (vedi l’Atac di Roma), ma in rapporto alle best practices europee la produttività aziendale e indietro di 20 punti percentuali.  

 

Anche a Sea e A2A, comunque, i problemi non mancano. La prima, ante-pandemia, ha chiuso i bilanci in attivo solo grazie all’efficienza dei propri servizi aeroportuali e al ricorso a una benevola cassa integrazione guadagni, cn l’hub di Malpensa che non è mai nato e Linate che è stato surclassato da Orio al Serio.

 

Quanto ad A2A, il nuovo amministratore delegato ne ha confermato l’atteggiamento predatorio: la sua crescita – al contrario di quanto dichiarato – avviene soltanto attraverso acquisizioni (di società di produzione di energia rinnovabile già in esercizio, di clienti dalle municipalizzate più piccole, ecc.) e non per linee interne. È molto più facile comprare nuovi clienti che svilupparli; è più facile acquisire impianti esistenti che costruirne di nuovi. Del resto, le acquisizioni di altre aziende multi servizi  è l’obiettivo previsto dal piano industriale che però non è mai stato discusso e approvato dal consiglio comunale di Milano. 

 

Le acquisizioni però sottraggano risorse agli investimenti e alla digitalizzazione delle reti del gas, dell’elettricità e dell’acqua. La priorità sembra essere quella di allargare la gestione monopolista dei servizi senza curarsi troppo degli interessi degli utenti (le bollette sono sempre in aumento ma la qualità dei servizi è invariata). Anche a costo di calpestare le regole sulla concorrenza e della correttezza amministrativa, come dimostra la recente sentenza del TAR  che ha fatto fallire il tentativo di acquistare la municipalizzata di Seregno. 

 

Questo modello di sviluppo si basa sulla forza finanziaria del gruppo: sul prezzo quando si tratta di comprare impianti fotovoltaici già in esercizio o aziende multi servizi che operano sui territori; e sulla capacità di persuasione/influenza facendo leva sulla forza politica degli azionisti pubblici il Comune di Milano e quello di Brescia. La transizione verde tanto annunciata rimane, al momento, un titolo di moda di un tema ancora da svolgere. 

lunedì 28 ottobre 2019

MILANO E I TRASPORTI PUBBLICI: POCA ACCESSIBILITÀ PER PERSONE E MERCI, MALE ANCHE LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE


Milano è al centro della "T” ferroviaria dell’alta velocità: la città è uno dei nodi principali della tratta Est-Ovest (Torino-Milano-Venezia) e la partenza della dorsale Nord-Sud (Milano-Roma-Napoli), e fra qualche mese, a quanto sembra, dalla stazione Centrale i treni pendolari verranno sfrattati per fare spazio a nuove Frecce. In campo autostradale, sono state completate da tempo la TEEM (Melegnano-Agrate) e la Brebemi (Milano-Brescia), mentre la Pedemontana è finita su un binario morto: tuttavia, la congestione sulle tangenziali e sugli assi viari principali è rimasta la stessa. 
Sulla linea del Passante di Milano circolano 10 treni ogni ora, sommando quelli in entrata e in uscita: a Monaco sono 24, a Parigi 32. I pendolari che possono raggiungere in treno Milano sono solo 750 mila, la metà di quelli che raggiungono Monaco di Baviera o Zurigo, città con cui il capoluogo lombardo può fare un confronto perché hanno dimensioni analoghe, a differenza di Londra o Parigi. 
C’è un problema grande come una casa di gestione delle infrastrutture e delle aziende di servizi di trasporto, che si ignora preferendo parlare di nuove opere - quando anche quelle che ci sono, vedi la Brebemi o lo scalo di Malpensa, sono sottoutilizzate. E cosi a Milano e nei comuni vicini piovono automobili, Tir e  camioncini che congestionano le strade e contribuiscono a immettere in atmosfera enormi quantità di CO2.
Inoltre, prima la crescita esponenziale dei centri commerciali e dei supermercati in tutto l'hinterland ha contribuito al consumo di suolo, e negli ultimi anni lo sviluppo impetuoso dell’e-commerce ha provocato una crescita di magazzini logistici e di grandi e piccoli centri di trattamento e distribuzione della merce privati:  accanto ai pochi e vecchi interporti (come quello di Busto Arsizio) e alle stazioni merci, sono spuntate come funghi delle piattaforme private sparse su tutto il territorio metropolitano. 
In una ricerca della Luiss in collaborazione con World capital  emerge che intorno a Milano sono presenti 850 magazzini, che costituiscono il 35 per cento della dotazione totale nazionale. La rete logistica milanese è passata da 12 milioni di metri quadrati di superficie coperta del 2011 a 14,7 milioni del 2016 ( oltre il 20 per cento in più), con una dimensione media per magazzini di 20 mila mq. 
Il mercato degli affitti e immobiliare ha avuto una forte impennata assieme al consumo di suolo. Se si aggiungono altri settori come l’edilizia residenziale, l’industria, le infrastrutture di trasporto e la distribuzione commerciale, la somma colloca la Lombardia al primo posto in Italia per consumo di suolo, e l’area milanese è l’epicentro del fenomeno. 
Per garantire uno sviluppo sostenibile di Milano bisogna invertire la marcia, partendo dalla mobilità e dal trasporto merci. Portarli agli standard europei significa raddoppiare l’utilizzo dei mezzi pubblici per i pendolari e di quello su ferrovia per le merci, e avere una logistica urbana che sfrutta le aree ancora a disposizione della città. Questi risultati vanno raggiunti con costi pubblici parametrati a quelli degli altri paesi europei, e recuperando il gap di produttività del 20 per cento che separa Atm e Trenord dalle migliori performances raggiunte dalle aziende che gestiscono i trasporti all’estero. 
La mobilità pubblica non è un mito di sinistra, ma un’efficiente organizzazione delle aziende di trasporto  chiamate a soddisfare una domanda che nelle periferie e nell’hinterland - dove solo il 10 per cento dei cittadini utilizza i mezzi pubblici (treni e bus) - continua a non ottenere risposte, con servizi molto distanti da quella capillarità di rete e frequenza di mezzi che invogliano a lasciare a casa l’automobile. L’Agenzia della Mobilità Metropolitana ha fatto da spettatrice nel recente pasticcio dovuto al pesante aumento delle tariffe delle trasporto, che è servito a giustificare una iniqua integrazione tariffaria. Riguardo alle merci, un'innovativa programmazione dei servizi logistici è l’unico modo per governare un processo di distribuzione dei prodotti che sta cambiando e ha bisogno di risposte nuove. Risposte che solo un governo veramente metropolitano può dare.