martedì 11 aprile 2017

AUTOVIE: ONLIT, NUOVO PROTOCOLLO ANTICOMPETITIVO PER EVITARE LA GARA CON LA NEWCO AUTOSTRADALE UN TUFFO NEL PASSATO

Nonostante la dichiarata volontà del Pd di liberalizzare l'Italia, la presidente Deborah Serracchiani fa di tutto per evitare gare e concorrenza. Lo dimostra il modello di assetto societario in “hause” per le Autovie Venete, che la governatrice ha appena presentato (e che per ora non ottenuto il placet dell’unione europea). La newco prospettata tra Regione Friuli Venezia Giulia, Regione Veneto e Anas altro non è che una mossa mirante a ottenere il rinnovo della concessione fino al 2038 per il gioiello di famiglia Autovie Venete, controllata dalla Regione Friuli e Venezia Giulia che gestisce il ricco traffico stradale del nord-est su 210 km di rete autostradale con oltre 600 addetti. Si tratta  di decidere in quale “scatola” raccogliere la compagine azionaria, obbligatoriamente tutta pubblica secondo le disposizioni dello Sblocca Italia. Un decreto che sarebbe meglio chiamare “Blocca Italia”, in quanto il dispositivo legislativo contiene norme che tutelano le rendite di posizione - sia  pubbliche che private - e che non favoriscono né lo sviluppo né la tutela dei consumatori, costretti a pagare pedaggi salatissimi. Con lo Sblocca Italia il Governo ha mostrato ancora una volta di non avere la forza e la capacità di respingere le richieste delle lobby potentissime dei concessionari. Pure le regioni che si professano aperte alle liberalizzazioni come il Friuli adottano prassi protezionistiche per mantenere gestioni inefficienti e consociative. La nuova compagine azionaria della futura Newco pubblica presenta come novità l’ingresso della sempre più obsoleta Anas, la quale,  anziché mettere in sicurezza ponti e strade, si butta nella gestione delle autostrade. Ora si dovrà vedere se quella dozzina di piccoli azionisti privati che devono cedere le loro quote (circa il 25%,) staranno al gioco, oppure si metteranno di traverso, sapendo che il valore delle azioni in loro possesso è destinato a cresce.

RISULTATI CONSIP DAL 2009 AL 2015




 


venerdì 27 gennaio 2017

Aerei e aeroporti. Balotta di Onlit:"troppi sussidi pubbici a Ryanair" Milano, Italia - In Italia la frammentazione degli scali frena la competizione e distrugge la ricchezza

(WAPA) - Dario Balottapresidente Osservatorio liberalizzazioni trasporti (Onlit) in un comunicato-stampa, che riceviamo e pubblichiamo riservando la medesima opportunità ad eventuali repliche, dichiara che: 

"Va chiarito che degli 1,3 miliardi di Euro che verranno investiti da Ryanair, la quota maggiore è negli aerei. La compagnia irlandese calcola negli investimenti anche i costi del personale aggiuntivo. Strano modo di calcolare gli investimenti. Con il leasing dei velivoli si ammortizza anche il personale: così vanno letti gli investimenti annunciati dalla compagnia... 
Poi i nuovi posti di lavoro. Quelle di Ryanair sono stime 'sovrastimate' sia sull'indotto che sui loro dipendenti. Va poi ricordato che l'Italia è il Paese europeo con la maggior frammentazione degli aeroport" sottolinea Balotta, che indica per il "Bel Paese" una media di 4,4 milioni di passeggeri a scalo, "Come risulta dal rapporto, tra 150 milioni di passeggeri annui e i 34 scali attivi". Prosegue: "Decisamente più virtuose la Germania (194 milioni di passeggeri in 18 scali e 10,8 milioni a scalo) e la Gran Bretagna (232 milioni su 20 scali, pari a 11,6 milioni a scalo)". 
'L'eccessiva frammentazione -spiega Balotta- influisce pesantemente sulla produttività degli aeroporti'. Questi ultimi poi per sopravvivere "debbono riconoscere alle compagnie 'low-cost' un corrispettivo che varia tra 5 e 10 Euro a passeggero. In questo modo si genera una sorta di 'sussidio mascherato a favore delle compagnie ed a danno degli utenti'". 
"Così -conclude- tra ammortizzatori sociali concessi ad Alitalia e sussidi riconosciuti da scali ed enti locali alle compagnie low-cost, il settore del trasporto aereo italiano non è in grado di fare il passo in avanti che gli consentirebbe di superare la logica dei sussidi pubblici per orientarsi ad un modello basato sulla competitività e di creare ricchezza anziché distruggerla". (Avionews)

martedì 17 gennaio 2017

Enac e furbetti del cartellino, quella di Palermo è stata una figuraccia

Basta dare uno sguardo alla allocazione inefficiente del personale dell’Enac nei vari (troppi) aeroporti italiani per capire che c’è qualcosa che non funziona (da tempo) nella obsoleta struttura controllata dal ministero dei trasporti. Come è possibile che un addetto non abbia nella sede del suo ufficio non un collega che lo aspetti, ma neppure un lavoro? Ciò potrebbe accadere in una attività privata? Andiamo con ordine.
La procura di Palermo avrebbe smascherato un meccanismo basato sulla sistematica assenza dal posto di lavoro di nove uomini, che facevano invece apparire la loro presenza grazie a qualche collega compiacente che effettuava la timbratura del loro cartellino. L’Enac, una branchia della pubblica amministrazione, Ente pubblico non economico sotto la vigilanza del Ministero dei Trasporti ha compiti di controllo e sorveglianza sulle attività degli scali. Deve garantire la sicurezza e il rispetto delle norme vigenti sulle condizioni di accesso alle attività aeronautiche da parte delle compagnie aeree, dei gestori aeroportuali in concessione, dei fornitori di servizi degli handler e il rispetto delle norme ambientali (rumore,emissioni), delle servitù aeroportuali all’intorno e dentro i sedimi aeroportuali.
La struttura dell’Enac si suddivide in 14 direzioni aeroportuali e conta 293 addetti. La direzione della Sicilia occidentale (dove operano i nove addetti sotto indagine) che sovraintende le attività degli scali di Palermo, Trapani, Pantelleria e Lampedusa dispone di un organico di 33 addetti, l’11,3% del totale nazionale. Complessivamente negli scali della direzione orientale della Sicilia transitano 6,9 milioni di passeggeri/anno. Ciò significa che la produttività è di 0,39 milioni di passeggeri per addetto.
Nella direzione lombarda che gestisce gli scali di Linate e Bergamo e Brescia gli addetti sono 19, il 6,5% del totale ma la loro produttività è di 1,06 milioni di passeggeri per addetto. Non siamo di fronte alla solita allocazione del personale sbilanciata tra nord e sud. Infatti il peggior tasso di produttività appartiene alla direzione del Nord-Ovest (Torino e Genova) dove transitano 3,6 milioni di passeggeri e la produttività per addetto è più bassa di quella di Palermo con o,25 milioni di passeggeri per addetto. Un problema diffuso quello della funzionalità e dell’efficienza della struttura. Da un anno la direzione di Palermo è senza direttore. Fa le sue veci, da un anno, il direttore della Malpensa che opera a Palermo un giorno alla settimana. Non solo ma la direzione è anche priva di un pur previsto project manager. Insomma la complessa vita degli scali aeroportuali non è affatto ben gestita.
Vito Riggio è Presidente dell’Enac dal 2003, da 14 anni, ed è destinato a restarvi fino al 2018 secondo quanto stabilito da un decreto del Consiglio dei Ministri. La devianza della burocrazia, il tema del lavoro nel settore pubblico, della sua riorganizzazione e dell’allocazione delle risorse umane con criteri di efficacia e non burocratico-amministrativo resta alla ribalta nel nostro Paese. È difficilissimo che un impiegato di una azienda privata timbri il cartellino (se c’è questo dispositivo di controllo) e poi non entri in ufficio. Mentre è possibile, purtroppo talvolta probabile, che un impiegato pubblico timbri (o si faccia timbrare) e non entri in ufficio. La certezza della presenza del lavoratore sul posto di lavoro nel settore privato non è assicurata da regole più punitive di quelle del settore pubblico, ma dal fatto che la sua presenza è legata a una sua specifica funzione sul posto di lavoro.
È il sistema della macchina produttiva (o dei servizi), la cosiddetta “organizzazione del lavoro” nella quale è inserito il lavoratore,  e non la severità delle regole a rendere necessaria la sua presenza in ufficio. In questi lunghi anni di presidenza, Riggio ha contribuito, o semplicemente assistito, al proliferare degli scali italiani e non ha messo a gara europea un rinnovo di una concessione aeroportuale (Brescia docet). Risultato, una figuraccia a Palermo e troppi scali commerciali (34) di cui molti inutili da gestire. Se la produttività degli addetti dell’Enac è a macchia di leopardo lo stesso dicasi delle produttività degli aeroporti. Gli aeroporti della penisola gestiscono in media 4,4 milioni di passeggeri mentre in gran Bretagna siamo a 11,6 milioni e in Germania a 10,8 milioni. Quando la politica e non il mercato fa nascere gli aeroporti accade quel che accade in Italia. Forse i fenomeni di assenteismo sono anch’essi figli di input clientelari piuttosto che di precise esigenze organizzative.

lunedì 9 gennaio 2017

Alitalia ancora in crisi. E i costi ricadono (anche) sui viaggiatori

La storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa, scriveva Karl Marx. Nel 2008 Alitalia fu salvata dai capitani coraggiosi, imprenditori (Colannino, Benetton, Banca Intesa guidata da Passera, Marcegaglia, Riva, Ligresti, Gavio ecc.) che nella compagnia di bandiera hanno messo la faccia, ma non i soldi che invece sono rimasti a carico della spesa pubblica, visto che lo Stato si è accollato la parte di debiti non coperti dagli aiuti di Stato e maturati nel periodo del monopolio di Alitalia.
Nel 2014 è stata la volta di Etihad, entra al 49%, di due banche sistema Banca Intesa e Unicredit e Poste italiane, già presenti nell’azionariato, costringendo AF-KLM dal 25% al 7%.
Complessivamente si tratta di 7,4 miliardi pubblici secondo Mediobanca spesi dal 2008 ad oggi. Un fiume di danaro per coprire la voragine di debiti generati da consulenze, fornitori, manager, rotte clientelari, da una incredibile flotta “Arlecchino” e per sostenere degli ammortizzatori sociali d’oro per migliaia di addetti (con trattamenti retributivi e normativi dalla durata eccezionale, 7 anni).

Anziché decollare, memorabili le parole dell’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi – “Vorrei chiedervi di allacciarvi le cinture perché stiamo decollando davvero. Stiamo rimettendo il Paese a correre come deve correre perché il Paese deve farlo” – alla presentazione del marchio di Alitala Etihad, ed impostare un’aggressiva politica sul breve raggio riducendo i costi operativi per competere con le low-cost e rafforzare il lungo raggio, la compagnia si è distinta un anno fa per una campagna pubblicitaria sulle nuove divise del personale navigante.
Si è distinta inoltre per la ricerca di nuovi canali di sussidi pubblici da aggiungere a quelli tradizionali. Ed ecco così apparire i contributi dei gestori degli scali periferici (sotto mentite spoglie del co-marketing), usati a piene mani da Ryanair grazie all’incredibile frammentazione aeroportuale (la più alta d’Europa).
Dunque, un settore come quello del trasporto aereo che dovrebbe creare ricchezza – secondo uno studio di Cassa depositi prestiti, l’incidenza sul Pil è solo del 3,6% mentre i paesi turistici come il nostro stanno attorno al 7% – è oggetto di continui sussidi ai piccoli scali in perdita che, a loro volta, foraggiano le compagnie low-cost e all’Alitalia, la quale aprirà un nuovo ciclo di aiuti promettendo che sarà l’ultima volta. Neppure un anno di carburante a basso costo che ha migliorato i conti di tutte le compagnie è servito per rilanciare il vettore italo-emiratino.
Sul tavolo ci sarà ancora il tema della liberalizzazione delle rotte di Linate, possibile solo se prima verranno ridistribuiti gli slot a tutti i vettori operanti sullo scalo. In caso contrario, dei voli extraeuropei ne approfitterà solo Alitalia, visto che detiene l’80% degli slot del Forlanini.
Non solo lo Stato fa la sua parte ma anche i passeggeri che a loro insaputa ogni volta che si imbarcano pagano oltre alle tasse aeroportuali (imbarco, bagaglio,controllo di polizia ecc,) anche 7,5 euro di fondo per gli ammortizzatori del settore aereo (utilizzato soprattutto da Alitalia e da altre piccole aziende per dargli una veste di universalità). In pratica una parte dei costosissimi  ammortizzatori sociali (che assicurano assegni mensili di diverse migliaia di euro al personale navigante) sono pagati dai viaggiatori. Fatto unico al mondo e uno schiaffo a chi non solo ha ammortizzatori da soli 1.000 euro al mese ma a chi è precario o in nero senza nessuna tutela.