sabato 26 giugno 2021

PEDEMONTANA, ONLIT: STRALCIO DELLA TRATTA VIMERCATE-BERGAMO ENNESIMO TRUCCO CHE NON BASTERÀ A SALVARE UN’OPERA FALLIMENTARE

I dubbi sollevati da alcuni autorevoli organi d’informazione ripropongono ancora una volta il tema della sostenibilità finanziaria di Pedemontana. L’escamotage di stralciare la tratta D da Vimercate verso Bergamo per ridurre il costo dell’opera, è una scelta disperata che sfida la legittimità della concessione e che comunque non basterà per sostenere il finanziamento di 2 miliardi (3 con gli interessi). 

Questo vero e proprio trucco, che si somma alla forzata ed impropria aggiudicazione della gara al consorzio Webuild-Pizzarotti, non rappresenta un passo avanti ma dieci indietro, perché non tiene conto del raddoppio del costo dell'acciaio, rendendo l'offerta insostenibile e l'eventuale firma del contratto un pericolo per Pedemontana e un rischio per le banche che  dovessero finanziarlo. Assegnare i lavori prima di aver ottenuto la provvista finanziaria di 2 miliardi è contro la legge ed è una scelta irresponsabile. 

Pedemontana continua ad essere nulla più che uno strumento di propaganda e di consenso per la regione Lombardia, basta vedere l’esorbitante numero di addetti (oltre un centinaio per 20 km di rete) e le promesse non mantenute dell’ex Governatore Maroni di rendere gratuito il pedaggio per i residenti locali. Anziché liberare dai vincoli cui sono sottoposti da 12 ani i 25 mila proprietari dei terreni dove dovrebbe passare la Pedemontana, la Regione insiste con un progetto fallimentare che prima o poi verrà valutato dai giudici contabili della Corte dei Conti: allora saranno dolori per la politica che ha fatto finta di non vedere.

venerdì 25 giugno 2021

ENAC, ONLIT: SPERIAMO CHE NUOVE ASSUNZIONI AUMENTINO LA TUTELA DEI PASSEGGERI

Volete buttare via 75 euro per una carta Alitalia mille miglia Classic o 150 euro per la carta Alitalia Plus? Aderire all’offerta pubblicizzata in questi giorni da Alitalia significa avere la certezza che nessuno restituirà ai passeggeri i soldi spesi. Con che faccia si può proporre una carta fedeltà, ben sapendo che tra due mesi la compagnia aerea a cui essa è legata non esisterà più? Che gli iscritti non verranno rimborsati, e che le eventuali miglia accumulate non potranno essere recuperate con la nuova compagnia ITA?  

Al momento, infatti, non si sa che fine faranno i biglietti venduti da Alitalia, che non potranno essere travasati nella nuova compagnia visto che, secondo l’UE, ITA  dovrà accaparrarsi i clienti da sola. Il rischio concreto è che i consumatori perdano quei soldi: il regolamento europeo dei diritti del viaggiatore in Europa prevede rimborsi solo in caso di voli cancellati, ma niente per i clienti di compagnie defunte. E un analogo discorso varrà presumibilmente per le miglia accumulate, salvo il programma fedeltà non venga acquistato da altre compagnie.

Al di là della tragedia Alitalia, comunque, nella babele tariffaria delle compagnie aeree spesso vengono constatate pratiche scorrette nella definizione dei costi del trasporto bagagli o nell’assegnazione dei posti a bordo, che ad esempio nei casi di disabili o persone a ridotta mobilità impongono agli accompagnatori, per sedere loro vicino, di pagare una tariffa aggiuntiva spesso superiore al costo del biglietto. 

L’Enac, l’Ente di vigilanza del settore, alle dirette dipendenze del ministero della Mobilità Sostenibile, si è prodotta in nuovi annunci di interventi di vigilanza che dovrebbero finalmente tutelare i passeggeri. La promessa è contenuta in un recente comunicato dove vengono annunciate anche 200 nuove assunzioni tra tecnici, ingegneri, avvocati e funzionari informatici: un ottimo proposito, ma oltre alle assunzioni Enac dovrebbe anche riorganizzare personale e procedure per assicurare la dignità, il diritto alla salute, alla sicurezza e alla incolumità del passeggero, che la pratica tariffaria aggressiva dei vettori in questione rischia di compromettere.  

mercoledì 23 giugno 2021

TIR: GIOIE E DOLORI. ONLIT: RIEQUILIBRARE IL TRASPORTO MERCI CON QUELLO FERROVIARIO

La predominanza del trasporto merci su strada ha una storia lunga nel nostro paese, e con il Covid lo squilibrio tra l’uso della ferrovia e dei Tir a favore di questi ultimi si è ulteriormente accentuato. 

I consumi sono stati assicurati, i servizi essenziali anche, ma sullo sfondo rimane il problema di sempre. È così che su una rete autostradale e stradale già di per se stessa insicura (ponti, viadotti, gallerie, manto stradale e segnaletica) e sotto gli standard di sicurezza, a un elevato traffico automobilistico si aggiunge quello, crescente, delle merci. 

Inoltre, la quasi totalità dei trasporti eccezionali e pericolosi (gas, benzina ecc.) avviene anch’esso su strada: dopo il disastro di Viareggio le FS hanno di fatto abbandonato il trasporto pericoloso sui treni, inondando ancora di più le strade di autocisterne che sono delle e proprie bombe viaggianti. 

Il gravissimo incidente di ieri ripropone il tema della sicurezza del settore dei trasporti merci, tanto in viaggio a terra, nei terminal intermodali e nei magazzini logistici dove le regole contrattuali e il rispetto delle norme di sicurezza sono spesso disattese. 

I trasporti su gomma fanno la parte del leone, con una quota di quasi il 90% delle merci di tutti i tipi trasportate. In media circolano ogni giorno sulle strade e autostrade italiane 6,4 milioni di Tir, e molti di questi viaggiano rispettare il codice della strada: eccesso di velocità, sovraccarichi (con ridotta capacità frenante e stabilità precaria), eccesso dei tempi di guida  dei camionisti, manutenzione precaria e copertura assicurativa limitata. 

In base ai dati dell’Associazione dei costruttori europei di automobili si scopre poi che il parco di veicoli commerciali medi e pesanti, che complessivamente in Europa ammonta a 6,2 milioni di mezzi e raggiunge un’età media di 13 anni, in Italia tocca i 14,3 anniBen oltre quella di Austria (6,4), Francia (9,3), Germania (9,5), Olanda (9,6), Lussemburgo (6,7), anche se al di sotto di Grecia (21,2) – che è prima in classifica in termini di anzianità veicolare – Belgio (15,8), Repubblica Ceca (17,2) e Spagna (14,7). Solo il 4,2% dei camion italiani è dotato dei più avanzati sistemi di sicurezza, obbligatori dal 2015: tra cui quello per la frenata d'emergenza (Aebs) e il dispositivo che avvisa quando si devia dalla corsia di marcia (Ldw).

L’invecchiamento non riguarda solo i mezzi, ma anche i guidatori: solo il 18% di chi guida un camion pesante in Italia ha meno di 40 anni, e secondo dai di Infocamere nel nostro paese ci sono più di 500 ultranovantenni a capo di una ditta individuale che fa trasporto di merci su strada. Il 66% dei padroncini ha più di 50 anni, e nel settore il ricambio generazionale risulta difficile: più dell’85% degli imprenditori ha detto che i propri figli non vogliono fare il loro lavoro. Secondo alcune stime, poi, in Italia mancherebbero circa 15.000 autisti di camion, un gap colmato solo in parte dalla forza lavoro proveniente dall’Europa dell’Est o il Nord Africa.

Tutto questo rende quello del trasporto su gomma un sistema a rischio, che aumenta la congestione, gli incidenti e l’inquinamento sulle nostre strade. Sono inadeguati i controlli nei caselli delle autostrade (anzi, con l’avvento del Telepass non c’è più nessun controllo), che consentono l’ingresso di mezzi con trasporti pericolosi, nocivi o esplosivi su arterie ad alta velocità. Così non si può continuare. Vanno applicate le regole e imposto un maggior rispetto dei limiti di velocità. 

La fine che ha fatto l’intermodalità, la sbandierata parola magica che dovrebbe assicurare un trasporto integrato ed equilibrato del trasporto merci italiano, è davanti agli occhi di tutti. Il sistema andrebbe riequilibrato verso l’uso della più sicura e meno inquinante ferrovia, che da troppi anni è troppo costosa e mal gestita fino al punto di spingere anche carichi a basso valore aggiunto e non bisognosi di bassi tempi di trasporti a spingersi sulla gomma. 

Ad oggi le Ferrovie coprono una scarsa quota di traffico merci visto che i treni merci non possono essere inoltrati sulla rete ad alta velocità. L’unico dato in controtendenza è l’ingresso sulla scena di nuove compagnie ferroviarie private, che nonostante le notevoli criticità della rete storica hanno intercettato le quote di mercato del trasporto merci perse dalle FS, evitando così l’irrilevanza totale al trasporto merci su ferro.