Non è bastato il co-finanziamento di 200 milioni di euro ed il
sostegno politico della comunità europea per assicurare il successo di Malpensa
2000. Voluta senza se e senza ma, a costi pubblici, (1,5 milioni di euro, un
mld per il nuovo scalo e mezzo mld per i collegamenti) e ambientali enormi, a
13 anni dalla sua apertura eccone il bilancio:
·
il traffico di passeggeri è passato dai 20,7
milioni di passeggeri del 2000, ai 19,3milioni del 2011, ma i passeggeri,
previsti dalla Cranfield University incaricata dalla Ue, dovevano essere già 33 milioni al 2003!
·
c’era la previsione di 143 mila posti di
lavoro del Comitato Malpensa 2000, ma oggi ne abbiamo meno di 48 mila. Quel che
è ancor più grave è che questa (poca) occupazione è sostenuta da 5 anni con la
cassa integrazione alla Sea (gestore aeroportuale). Senza contare altre
migliaia di addetti ai servizi, al commercio e la costosissima ed iniqua CIG
dell’Alitalia (durata di sette anni e stipendio percepito come se si fosse al
lavoro) a cui in questi giorni si sono aggiunti gli addetti di Air France, dopo
gli spostamenti dei suoi voli da Malpensa a Linate. Solo la Fiat sa far peggio.
Tutto
ciò nonostante la Sea gestisca un monopolio naturale nell’area più ricca e
trafficata, per persone e merci, del paese. Dunque uno dei nostri più grandi
investimenti infrastrutturali del secolo scorso ha prodotto questi meno che
modesti risultati! Ancora, di Hub in Italia alla fine ce n’è solo uno:
Fiumicino. A questo proposito, confrontando i transiti dei passeggeri da un aereo
all’altro, cioè la vera funzione di Hub, il numero dei passeggeri di Malpensa è
di circa 272 mila l’anno, mentre quello
del vecchio scalo di Linate è incredibilmente superiore con 393 mila,
nonostante sia stato lasciato da anni in pessime condizioni e senza
manutenzione, visto che gli investimenti
si sono concentrati, inutilmente, sulla grande
Malpensa. Scalo che oggi è stato costretto ad ospitare una grande
compagnia low cost al terminal 2, che necessita di pochi servizi, al posto di
altre che richiedevano più servizi e quindi generavano maggiore occupazione.
Anche il contorno infrastrutturale non è roseo e meriterebbe una riflessione.
Sulla bretella di collegamento della A4 Torino – Milano, all’altezza di
Boffalora, con lo scalo della brughiera ( ss 336) semivuota, si calcolano 11 mila veicoli al giorno, quando la sua
capacità è di 80 mila. Da un anno è arrivato anche un secondo collegamento ferroviario con
la stazione Centrale, che si aggiunge a quello con la stazione di
Cadorna. La frequentazione dei treni è sempre stata bassa, visto il pessimo load factor.
Non solo, ma le frequenze dei treni in questi ultimi anni sono cresciute con
il diminuire dei passeggeri di
Malpensa. I costi di esercizio di questi treni
sono sostenuti dalla mano pubblica,
usando il badget dei treni pendolari, nonostante l’adozione di tariffe
commerciali e la possibilità di affidare a privati, e senza sussidi, la
gestione del servizio ferroviario. Dopo la
costruzione della Malpensa è invece “esploso” l’aeroporto di Bergamo (stretto
tra le case), che è passato da 1 milione di passeggeri del 2001 a 8,4 milioni anno del 2011. Conclusione. Non
sempre le cose vanno come sono prospettate dai governi (neppure da Bruxelles) e
quindi, prima di nuovi grandi investimenti e nuove cementificazioni come in Val
Susa o sul terzo valico, meglio sarebbe un supplemento di valutazione con
criteri scientifici (analisi costi-benefici) ed indipendenti, appunto quello
che è mancato per Malpensa 2000.
Dario Balotta
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