Vi ricordate le leggi omnibus o le leggi finanziarie caratterizzate dagli “assalti alla diligenza” per soddisfare le clientele più disparate (cosa che peraltro succede anche con le attuali leggi di stabilità)? Ecco, il decreto Sblocca Cantieri recentemente approvato è qualcosa del genere, solo moltiplicato all’ennesima potenza.
Frugando tra i suoi articoli troviamo tutto e il contrario di tutto: dal piano per le colonnine elettriche (costo: 10 milioni di euro) alle semplificazioni (?!) per le zone sismiche. Da norme relative al post-terremoto dell’Irpinia (avvenuto trentanove anni fa, nel 1980) a uno stanziamento di 300 milioni per le città di Campobasso, Catania e l’Aquila. Dai 4 milioni per le attività turistiche del Molise e della Sicilia alle norme per l’accelerazione della ricostruzione in Abruzzo, Lazio e Marche (tra cui l’esenzione delle imposte per negozi inagibili, ristori per le imprese terremotate e interventi per scuole situate in zone sismiche) ai 400 milioni destinati ai comuni sotto i 20mila abitanti per la messa in sicurezza di scuole e strade.
Per concludere, il cambio di nome delle “autostrade ciclabili” e del loro relativo fondo, a dimostrare come la fantasia italica non abbia eguali: questi percorsi infatti visto erano inesistenti come definizione normativa, dunque si cercherà di definire le modalità di erogazione delle risorse entro il 31 agosto 2019.
Insomma, siamo davanti ai soliti contributi a pioggia di ogni tipo: anziché riorganizzare il sistema degli appalti per dare una classifica di priorità della spesa e per non aprire mille fronti amministrativi inutili, costosi e che annullano la già bassa capacità (e qualità) di spesa delle stazioni appaltanti pubbliche, anche questo decreto procede in senso opposto.
Altro capitolo: le concessioni autostradali, anch’esse oggetto del decreto. A concessione appena autorizzata (senza gara) si autorizza l’Autobrennero a sostenere 3 costosi interventi: l’Interporto di Trento, quello di Isola della Scala (VR) e quello fluviale di Valdaro (MN), con le risorse necessarie che saranno recuperate con un aumento dei pedaggi autostradali.
Si scambia poi per uno stop allo strapotere dei concessionari la norma che tutela il funzionario ministeriale che revoca la concessione autostradale inadempiente. La tutela dell’interesse pubblico viene così scaricata sui funzionari: meglio sarebbe stato definire a parte un progetto di riordino del sistema concessionari, che smontasse complessivamente le tutele che garantiscono la rendita di posizione dei concessionari da vent’anni.
Ma chi esce davvero con le ossa rotte da questo decreto è l’ANAS, con la nomina dei commissari per il Mose e il Gran Sasso, e il commissariamento della società in Sicilia - il più grande compartimento regionale per spesa e per addetti - con la nomina di un commissario straordinario per la messa in sicurezza e il potenziamento della rete viaria dell’isola.
E veniamo a quello che dovrebbe essere il punto centrale della norma, la velocizzazione dei lavori pubblici: lo Sblocca Cantieri è un vero e proprio attacco alla democrazia economica, che non snellirà un bel nulla, favorendo al contrario il “far west” negli appalti ai danni dei cittadini e dell’ambiente e a favore dei soliti noti, i vincitori d’appalto e i subappaltatori. Invece di adottare (poche) regole chiare, semplici e veloci come quelle di altri paesi europei che hanno recepito gli indirizzi comunitari, l’Italia decide di tornare indietro e di rendersi ancora più vulnerabile a fenomeni di corruzione, visto che ammazzando la competizione si impedirà l’arrivo sul mercato di nuove imprese.
Alzare a 150 mila euro la soglia minima per l’affidamento dei lavori tramite gara d’appalto significa aumentare la discrezionalità, togliendo ogni trasparenza nell’assegnazione dei lavori, con l’unico effetto che, per far finta di accelerare, continuerebbero a essere escluse imprese che vorrebbero svilupparsi ed entrare sul mercato dell’edilizia, ma sono prive di coperture politiche.
Consentire inoltre di modificare fino al 50 per cento i progetti significa non poter valutare correttamente l’offerta per il costo dell’opera: si approveranno progetti con ribassi significativi che poi ricresceranno senza alcun controllo della spesa. Il limite alle opere in sub-appalto, poi, viene aumentato dal 30 al 40 per cento: sarà così una sorpresa per l’ente appaltante sapere non già chi vince la gara, ma chi effettivamente realizzerà le opere (magari assegnate senza gara).
Per non parlare della sospensione del divieto di ricorrere all’affidamento congiunto di progettazione e di esecuzione dei lavori, e dell’obbligo di scegliere i commissari di gara tra esperti iscritti all’albo dell’ANAC, imputata di rallentare i lavori. Meno ipocrita sarebbe stato sciogliere un’Autorità che con queste norme diventerà solo un osservatore frustrato è una minaccia di stato per le stazioni appaltanti ed i commissari, chiamati ad utilizzare deroghe e norme speciali che potrebbero favorire reati dei quali potrebbero in futuro essere chiamati a rispondere.
Le norme approvate, poi, non abbassano gli eccessi di contenzioso, anzi: da un recentissimo studio dell’ANCE emerge che tra le cause del blocco delle 630 grandi opere ferme solo il 9 per cento è da attribuire al codice degli appalti. Le vere cause che impediscono alle opere di “viaggiare” stanno per il 43 per cento dei casi in vizi procedurali/amministrativi, per il 36 in cause finanziarie, e “solo” per il 19 per cento in mancate decisioni politiche. Basterebbero questi dati per capire che non serviva un’ennesima riforma del codice degli appalti, che si risolverà in una vera e propria liberalizzazione destinata a peggiorare ancor di più il sistema.
Non esiste in nessun altro dei paesi industrializzati l’istituzione di centinaia di commissari straordinari per quasi ogni opera da realizzare. Basta pensare che alcune grandi opere - una tra tutte, la Tav Torino-Lione - sono già commissariate e i lavori non procedono spediti lo stesso.
Trattandosi di centinaia di opere - molte sono le stesse che erano già inserite nella legge obiettivo del 1994 - il Governo si è dimenticato di dire che con centinaia di commissari e strutture amministrative annesse si potranno avere migliaia di occupati in più, oltre alla pletora di funzioni inutili che già pullulano nella pubblica amministrazione. Altro che i 2.800 navigator!
Ma la vera ciliegina - anzi, ciliegiona - di un provvedimento che allarga la spesa pubblica senza nessun orientamento strategico e senza calcolarne la redditività e i benefici per i cittadini, è l’istituzione di Italia Infrastrutture Spa, con un capitale di 10 milioni detenuto dal Ministero dell’Economia e controllato da quello delle Infrastrutture, il cui compito dovrebbe essere quello di gestire meglio i cantieri delle opere pubbliche in ritardo: ma non è forse questo il compito principale del Ministero retto da Danilo Toninelli?