mercoledì 28 marzo 2012

A MALPENSA L’IMPRIMATUR EUROPEO NON E’ BASTATO PER IL SUCCESSO - LINATE TORNA AD ESSERE L’HUB MILANESE

POCO SVILUPPO, TANTA CASSA INTEGRAZIONE E COLLEGAMENTI SOTTOUTILIZZATI 

Non è bastato il  co-finanziamento di 200 milioni di euro ed il sostegno politico della comunità europea per assicurare il successo di Malpensa 2000. Voluta senza se e senza ma, a costi pubblici, (1,5 milioni di euro, un mld per il nuovo scalo e mezzo mld per i collegamenti) e ambientali enormi, a 13 anni dalla sua apertura eccone il bilancio:

·         il traffico di passeggeri è passato dai 20,7 milioni di passeggeri del 2000, ai 19,3milioni del 2011, ma i passeggeri, previsti dalla Cranfield University incaricata dalla Ue, dovevano essere  già 33 milioni al 2003!
·         c’era la previsione di 143 mila posti di lavoro del Comitato Malpensa 2000, ma oggi ne abbiamo meno di 48 mila. Quel che è ancor più grave è che questa (poca) occupazione è sostenuta da 5 anni con la cassa integrazione alla Sea (gestore aeroportuale). Senza contare altre migliaia di addetti ai servizi, al commercio e la costosissima ed iniqua CIG dell’Alitalia (durata di sette anni e stipendio percepito come se si fosse al lavoro) a cui in questi giorni si sono aggiunti gli addetti di Air France, dopo gli spostamenti dei suoi voli da Malpensa a Linate. Solo la Fiat sa far   peggio.
Tutto ciò nonostante  la Sea gestisca  un monopolio naturale nell’area più ricca e trafficata, per persone e merci, del paese. Dunque uno dei nostri più grandi investimenti infrastrutturali del secolo scorso ha prodotto questi meno che modesti risultati! Ancora, di Hub in Italia alla fine ce n’è solo uno: Fiumicino. A questo proposito, confrontando i transiti dei passeggeri da un aereo all’altro, cioè la vera funzione di Hub, il numero dei passeggeri di Malpensa è di circa 272 mila  l’anno, mentre quello del vecchio scalo di Linate è incredibilmente superiore con 393 mila, nonostante sia stato lasciato da anni in pessime condizioni e senza manutenzione, visto che  gli investimenti si sono concentrati, inutilmente, sulla grande  Malpensa. Scalo che oggi è stato costretto ad ospitare una grande compagnia low cost al terminal 2, che necessita di pochi servizi, al posto di altre che richiedevano più servizi e quindi generavano maggiore occupazione. Anche il contorno infrastrutturale non è roseo e meriterebbe una riflessione. Sulla bretella di collegamento della A4 Torino – Milano, all’altezza di Boffalora, con lo scalo della brughiera ( ss 336)  semivuota, si calcolano 11  mila veicoli al giorno, quando la sua capacità è di 80 mila. Da un anno è arrivato anche  un secondo collegamento ferroviario con la  stazione Centrale,  che si aggiunge a quello con la stazione di Cadorna. La frequentazione dei treni è sempre stata bassa, visto il  pessimo load factor. Non solo, ma le frequenze dei treni in questi ultimi anni sono cresciute con il  diminuire dei passeggeri di Malpensa.  I costi di esercizio di questi  treni  sono sostenuti dalla mano pubblica,  usando il badget dei treni pendolari, nonostante l’adozione di tariffe commerciali e la possibilità di affidare a privati, e senza sussidi, la gestione del servizio ferroviario. Dopo la costruzione della Malpensa è invece “esploso” l’aeroporto di Bergamo (stretto tra le case), che è passato da 1 milione di passeggeri del 2001  a 8,4 milioni anno del 2011. Conclusione. Non sempre le cose vanno come sono prospettate dai governi (neppure da Bruxelles) e quindi, prima di nuovi grandi investimenti e nuove cementificazioni come in Val Susa o sul terzo valico, meglio sarebbe un supplemento di valutazione con criteri scientifici (analisi costi-benefici) ed indipendenti, appunto quello che è mancato per Malpensa 2000.
Dario Balotta

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